PROLOGO

Sangue sangue sangue.
Dappertutto.
Sulle mie mani, su di lei, sui miei vestiti.
Sui suoi capelli.
Rossi.
Troppo rossi.
Troppo sangue.
– Vattene via.
Via.
Freddo, i vestiti inzuppati.
Piove.
Piove sangue.
E’ buio.
E’ rosso.
Le mie mani sono sporche. Ho paura.
Non voglio più. Mai più.
Vi odio.

* * *

Il giorno dopo si recò all’Ufficio Postale. Era pomeriggio inoltrato, e gli sportelli erano tutti occupati, tutti tranne uno.
Guardò il pacchetto con soddisfazione: carta da pacchi, spago, indirizzo. Non differiva per nulla dalle centinaia di confezioni simili che sarebbero partite quel giorno da lì.
Prese un modulo, se lo rigirò fra le mani, lo lesse un paio di volte.
Si distrasse un attimo per ammirarsi le unghie: erano molto ben curate, pulite.
Soprattutto pulite.
Lo sportello per le spedizioni era ancora libero; si diresse da quella parte.
Solo quando le fu quasi davanti si rese conto che l’impiegata dietro il banco aveva i capelli rossi.
Rossi come lei.

1.

Domenica 7 Novembre 1971, all’alba

La ragazza venne ritrovata quattro giorni dopo la denuncia della sua scomparsa.
Un vecchio che cercava funghi si era inoltrato nelle prime ore del mattino nel folto della Castagnara, alle pendici del Sarpento. Funghi non ne trovò, sebbene ad un’incessante e maligna pioggia ottobrina fossero seguite due splendide giornate di sole, in quello che sembrava un anticipo dell’estate di San Martino. E’ probabile che, se avesse avuto modo di perseverare nella ricerca, qualche gruppetto nascosto di ordinati o porcini avrebbe premiato la sua costanza, ma la sua attenzione fu subito attratta da un qualcosa, nascosto in una roggia tra cumuli di felci ingiallite, che gli sembrò la cappella di un grosso porcino.
Era invece una scarpa da donna.
Ai suoi occhi spaventati sembrò quasi il corpo di una bimba, così minuta e tutta rannicchiata su se stessa, con i capelli che si confondevano tra le foglie morte. Qualche riccio di castagna era impigliato nella sua giacca di lana, e così - confusa in quell’armonia di rossi e di verdi - sembrava quasi una ninfa dei boschi che si fosse addormentata tra le felci.
Le pose una mano sulla spalla, per girarla, forse per svegliarla, e l’illusione svanì; il viso era macchiato di terra, la bocca spalancata in un grido di muto terrore. Ebbe appena un’impressione fugace degli abiti lacerati e delle ferite incrostate di sangue ormai secco.
Fu solo mentre raggiungeva correndo il sentiero principale che gli venne in mente che l’aveva lasciata lì, scoperta, senza nemmeno dire una preghiera per lei.

* * *

Domenica, le 9,30

– Come va?
– Meglio, grazie.
Il Maresciallo Bagnasco restituì il thermos al giudice Altobelli. Quel sorso di caffè bollente era proprio quello che gli ci voleva, adesso aveva la sensazione di sentirsi meglio.
Purtroppo era solo un’illusione. Gettò di nuovo uno sguardo al cadavere che giaceva scompostamente nell’erba. Il cadavere. No, la ragazza, si corresse mentalmente. Sentiva in maniera indefinibile e forse incongrua che per pochi minuti ancora doveva lasciarle la sua identità di essere umano. Umiliata, straziata, mutilata, ma pur sempre una donna, con un’identità, speranze spezzate, persone che avrebbero pianto per lei. Di lì a poco sarebbe diventata definitivamente un cadavere, per tutti.
Per l’appuntato Cardillo, che poco discosto, impacciato e maldestro, stava preparando la macchina fotografica; per il medico legale, che con la consueta imperturbabilità della sua categoria stava procedendo ad un accurato esame obiettivo, ma già aveva catalogato l’omicidio fra quelli a sfondo sessuale; per gli inservienti dell’obitorio, che l’avrebbero portata via appena terminati i rilievi; per l’impresario delle pompe funebri che avrebbe cercato di ricomporla al meglio dopo l’autopsia; e per il Sostituto Procuratore Altobelli, pensò sbirciando la segaligna figura al suo fianco, che - per quanto giovane - certamente a roba del genere doveva aver fatto l’abitudine, vista la sua apparente indifferenza.
Il maresciallo cercò di nuovo di dargli da parlare.
– Non ci si abitua mai, vero? – gli mormorò sottovoce.
– No, ma diventa parte del mestiere...
– Be’, certo, anche per me, con tutti quelli che ho visto, anche durante la guerra... Però è sempre tremendo, sempre così ingiusto...
Altobelli assentì in silenzio. Un ciuffo di capelli biondi scese a coprirgli gli occhi.
Il professor Beccadelli stava ultimando l’esame del cadavere. I capelli della ragazza erano impregnati di mota, ma il loro colore fulvo era ancora riconoscibile. Bagnasco si accosciò sbuffando dietro il medico. L’opera dell’assassino (perché di omicidio si era trattato, questo era più che evidente) era stata minuziosa. Mentre il patologo scostava il vestito, ridotto a brandelli incrostati di sangue secco, si rendevano più evidenti le mutilazioni: i seni appena pronunziati erano stati straziati da innumerevoli lacerazioni regolari, inflitte forse con la punta di un coltello o con delle forbici, che avevano formato una specie di reticolato rosso. Lo stesso macabro disegno l’assassino aveva ripetuto sul pube, quasi la sua volontà fosse stata quella di vederlo scomparire. Il vestito, o meglio quel che ne restava, dilaniato, strappato, inzuppato, era ancora di un verde riconoscibile.
– Non mi sembra che ci sia molto sangue, le pare, dottore? Con tutte queste ferite il terreno doveva esserne impregnato.
– Mi dispiace, Maresciallo, ma non potrò pronunciarmi finché non avrò esaminato il corpo con tutta calma. Lo sa meglio di me, "la gatta per fare di fretta fece i figli cecati". Dite così, vero, voi napoletani?
Il professor Beccadelli ammiccò dietro le lenti mentre il suo viso restava serissimo.
Bagnasco replicò in tono dimesso: – Sì, ma mi pareva che il sangue, il terreno... il sopralluogo... Insomma – si riprese risolutamente – per la mia esperienza, mi sembra che di sangue ce ne sia poco. E poi c’è qualcosa ancora che non mi convince. Le pudenda... – arrossì e s’impappinò.
– Sì, Maresciallo, dica, dica pure! Le pudenda? O vogliamo dire il ventre, il pube, le vergogne? Mi dica, cosa nota?
Il professor Beccadelli manteneva un aspetto serio e professionale, ma il luccichio degli occhiali mostrava pericolosamente che aveva individuato una vittima. Il suo perverso senso dell’umorismo era conosciuto e temuto da tutti quelli che avevano la sventura di lavorare con lui, e la fama della sua lingua tagliente superava quella, comunque vasta, delle sue capacità professionali.
Bagnasco preferì ritirarsi in buon ordine, farfugliando qualcosa, ma i suoi occhi continuarono a scrutare ostinatamente intorno in cerca di indizi mentre pensava che c’era gente capace di scherzare su tutto.
Per il giudice Altobelli, invece, pareva che la questione fosse irrilevante.
– Così, dopotutto, non era scappata di casa – fece il maresciallo.
– Siamo sicuri che sia Mirella Sacchi? – gli domandò il magistrato.
– Certo, è stata già riconosciuta, e poi i capelli rossi, il vestito, scomparsa da quattro giorni... In ogni caso il vecchio Sacchi, se ce ne fosse ancora bisogno, ci leverà ogni dubbio, poveraccio anche lui – e con un sospiro si passò la mano sulla pelata indifesa.
Aveva appena ricominciato a piovere. Bagnasco si sentiva un po’ ridicolo, ora, a tenere in mano l’ombrello per riparare il sostituto procuratore, anche perché la pioggerella che - beffando il sole del primo mattino - stava venendo giù era davvero lieve.
Quell’anno Carpinate e tutto il Veneto avevano goduto di un’estate splendida, un settembre dolce, un ottobre in cui i giorni di pioggia avevano abbondantemente pareggiato quelli di sole, ed ora novembre iniziava con premesse tutt’altro che incoraggianti. D’altra parte il magistrato sembrava gradire la premura, e lui pensò che fosse quasi un dovere di ospitalità verso il giovane che da poco aveva assunto le funzioni di sostituto procuratore presso il Tribunale di Vallo Padano.
Lo sbirciò di sottecchi: bruno, il volto scavato, ma a suo modo attraente, chissà per quali oscuri motivi aveva deciso di fissare la sua residenza proprio a Carpinate, paesino di cinquemila anime, a cinquanta chilometri dal Tribunale, che non offriva altre attrattive, nel periodo invernale, oltre al bar Centrale con annesso biliardo. O forse ce l’avevano sbattuto per chissà quali oscure trame. Comunque ormai era lui il giudice cui avrebbe dovuto fare riferimento. Tanto valeva instaurare un buon rapporto.
Si rivolse all’appuntato, che ormai da diversi minuti stava con l’occhio incollato al mirino scegliendo l’inquadratura migliore:
– Su, Cardillo, non siamo mica a un défilé! Scatta!
– Subito Marescià, provvedo – fece l’altro, agitando freneticamente i baffi.
Bagnasco, con un’agilità insospettabile per la sua mole, gli si avvicinò con la fronte aggrottata:
– Ma che vuoi provvedere, idiota, se non levi il coperchio dall’obiettivo! – e con un gesto brusco fece volar via l’oggetto incriminato, tornando poi in fretta sui suoi passi per prestare riparo all’attonito magistrato.
– Avviamoci, dottore, che se aspettiamo a questo si fa notte – fece abbozzando un sorriso tirato; poi, con ultimo ringhio all’infelice sottoposto: – E domani accorciati quei baffi!
Mentre riconquistavano la strada carrozzabile, l’uno dietro l’altro, Bagnasco si sentì in dovere di giustificarsi:
– Lo scusi dottore, è tanto un bravo ragazzo, però certe volte avrei voglia di rispedirlo a pedate al suo paese. Cioè, più che altro, – ansimò sbuffando e inerpicandosi sulla strada – la verità è che questo delitto mi ha reso nervoso. Povera figlia! Mi domando chi possa essere il mostro che ha fatto una cosa del genere...
Si erano fermati davanti alla macchina. Il giudice Altobelli guardava in silenzio la scena ormai distante.
– Quanti anni aveva?
– Non ancora ventidue, era una brava ragazza di paese, senza tanti grilli per la testa...
Bruno Altobelli scosse il capo.
– Non so, – fece con lo sguardo perso nel vuoto – c’è qualcosa...
Salirono in silenzio nella vecchia Millecento di Bagnasco. Il maresciallo avviò il motore, e la vettura si mosse singhiozzando.
Il magistrato, con le braccia conserte, rifletteva. Sì, c’era qualcosa. Davanti agli occhi gli balenò un’immagine: capelli rossi, sangue, un corpo squarciato, occhi che si arrovesciavano all’indietro negli spasmi dell’agonia.
Bagnasco interruppe i suoi pensieri:
– Sembra il classico delitto senza movente, per il puro gusto di uccidere... – Si girò di scatto verso il compagno di viaggio: – Oddio, speriamo di non doverci trovare a che fare con un maniaco che ha deciso di massacrare tutte le...
– Attento! – La mano di Altobelli corse a raddrizzare il volante e il camioncino che avevano rischiato di travolgere sfrecciò nella corsia opposta strombazzando.
– Disgraziato! Ma che modo di guidare! Ma l’ha visto dottore? E mi ha pure fatto un gestaccio!
Il magistrato convenne sorridendo che sì, oggigiorno la patente la davano proprio a tutti, poi cercò di rilassarsi sullo scomodo sedile. Qualcosa gli diceva che il viaggio di ritorno a Carpinate sarebbe stato ben più lungo di quanto quindici chilometri di strada di campagna potessero far supporre.

 


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